La vacanza estiva alternativa te la offre la Sardegna | Servito su un piatto d’argento un tour alla ricerca delle antiche civiltà giganti

Bandiera della Sardegna (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it
Un viaggio lento e affascinante nel cuore nascosto della Sardegna, tra luoghi che raccontano le tracce dimenticate di civiltà antiche.
Diciamocelo: ogni estate ci ritroviamo a cercare qualcosa di diverso, ma poi finiamo sempre a prenotare le stesse spiagge, lo stesso mare, gli stessi selfie al tramonto. Ma se ti dicessi che esiste un modo di vivere l’estate che non ha niente a che fare con lettini e spritz? Qualcosa di più… profondo, forse. Più vero.
A volte bastano un paio di scarpe comode e un po’ di voglia di perdersi – non troppo, eh – per scoprire che l’Italia ha ancora posti dove il tempo si è fermato. E non parlo per dire. Sono angoli silenziosi, lontani dalle rotte del turismo chiassoso, dove tutto sembra raccontarti una storia. Una storia senza parole, fatta di pietre, vento e orizzonti.
Il bello è che non serve volare chissà dove o spendere una fortuna. Basta decidere di cambiare punto di vista. Mettere in pausa tutto. Ascoltare quello che c’è intorno. E dentro, pure. Perché questi posti, quando ci cammini dentro, non ti lasciano più uguale a prima.
Certo, non è una vacanza da catalogo. Non ci sono piscine a sfioro né colazioni a buffet. Ma ci sono esperienze che ti si attaccano addosso. Che ti fanno sentire parte di qualcosa di antico, come se per un attimo smettessi di correre e cominciassi davvero a vedere.
Una Sardegna da percorrere, non solo da ammirare
Allora, ecco: se ti riconosci anche solo un po’ in questo modo di pensare, c’è un posto che fa per te. È in Sardegna, lontano dalle solite mete da cartolina, e si chiama la via dei nuraghi. Non è solo un trekking – oddio, sì, lo è – ma è soprattutto un viaggio dentro una Sardegna diversa, segreta quasi. Parte da Urzulei e arriva a Orgosolo, attraversando boschi, canyon e punti dove i fiumi si incontrano, tipo il Flumineddu e la Codula Orbisi, che si uniscono proprio prima di entrare nella gola di Gorropu. Uno spettacolo.
Lungo il percorso ti ritrovi davanti a resti di civiltà antichissime, roba da togliere il fiato. Tipo i Nuraghi Mereu e Gorropu – costruiti con blocchi di calcare bianco – che pure se sono un po’ malconci, se ne stanno lì, fermi, imponenti, a guardare la foresta. Intorno, capanne di pietra, tombe dei giganti e pure ovili che i pastori usano ancora oggi. Ma non finisce qui.
Tra pietra, foresta e silenzio
Il bello è che non ti serve una guida per perderti – o meglio, per orientarti sì, ma il sentiero è segnalato bene. Tranne, ok, tranne un pezzo nella foresta verso il Nuraghe Mereu dove la luce scarseggia un po’ e serve occhio. Ma vale tutto. Il Nuraghe Mereu (chiamato anche… Intro de Padente, nome fichissimo tra l’altro) aveva due torri laterali, crollate poi, ma è ancora lì, che ti guarda. Silenzioso.
E poi c’è il Nuraghe Gorropu, detto anche Presethu Tortu, dove puoi salire fino in cima, anche se l’ingresso e la scala non esistono più – occhio a dove metti i piedi. Attorno ci sono ancora i segni del passato: ceramiche neolitiche trovate nelle grotte vicine, ruderi dei villaggi di Ruinas e Matari, e pure la tomba di giganti di Sa Carcara che si può ancora visitare vicino all’ovile di Sedda ar Baccas. Ah, un consiglio, come ricorda anche Chiese Romaniche Sardegna che racconta questi itinerari: non farlo in piena estate. Fa caldo, ma caldo vero. Meglio andarci in primavera, o in autunno, che tanto… la meraviglia non ha stagione.