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Pianeti, quello appena scoperto nasconde l’incredibile | È qui che c’è la vita: astronomi sicuri al 100%

Esopianeta simile alla Terra (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it

Esopianeta simile alla Terra (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it

Un esopianeta a 120 anni luce dalla Terra riaccende il dibattito sull’esistenza di vita oltre il Sistema solare.

Nel profondo buio dello Spazio, a distanze che sfidano l’immaginazione umana, l’uomo continua a spingersi alla ricerca di risposte su ciò che potrebbe esistere oltre i confini del nostro Sistema solare. Con ogni nuova scoperta, si rinnova una domanda antica quanto l’osservazione delle stelle: siamo davvero soli nell’Universo?

Il fascino dell’ignoto si intreccia con le nuove tecnologie che ci permettono oggi di esplorare l’invisibile e captare segnali che potrebbero cambiare la nostra comprensione della vita stessa. Nel campo dell’astrobiologia, ogni segnale proveniente da un pianeta lontano è un tassello di un puzzle complesso.

Non bastano distanze siderali a raffreddare la curiosità scientifica: al contrario, più un corpo celeste è misterioso, più diventa oggetto di studio e di confronto. Specialmente quando le sue caratteristiche lo rendono un candidato potenziale per ospitare condizioni favorevoli alla vita.

L’attenzione verso alcuni corpi celesti è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni. Alcuni pianeti extrasolari, definiti “esopianeti”, si sono rivelati oggetto di intenso interesse scientifico per una combinazione di fattori: massa, composizione, posizione rispetto alla stella madre e possibilità di condizioni compatibili con forme di vita.

Un esopianeta sotto osservazione

Uno di questi mondi lontani è K2-18b, scoperto nel 2015 dal telescopio spaziale Kepler e da allora al centro di numerosi studi. Questo pianeta, con una massa circa otto volte quella della Terra, orbita intorno a una nana rossa, una stella più fredda e meno luminosa del Sole, situata a circa 120 anni luce dalla Terra. La sua posizione rispetto alla stella ha fatto ipotizzare che K2-18b si trovi in una cosiddetta “zona abitabile”, dove la temperatura potrebbe consentire la presenza di acqua allo stato liquido.

Negli ultimi anni, il James Webb Space Telescope ha fornito agli scienziati nuovi strumenti per analizzare la sua atmosfera, rivelando segnali interessanti, anche se lontani dall’essere definitivi. Proprio questi dati hanno reso K2-18b uno dei principali candidati nell’analisi astrobiologica contemporanea. E ciò che è stato scoperto ha dell’incredibile.

Illustrazione di K2-18b (NASA foto) - www.aerospacecue.it
Illustrazione di K2-18b (NASA foto) – www.aerospacecue.it

Forti indizi in un mondo lontano

In un articolo pubblicato su Astrophysical Journal Letters, riportato da Il Post, un gruppo di astronomi dell’Università di Cambridge ha annunciato la rilevazione di due composti chimici particolarmente significativi: il dimetil solfuro (DMS) e il dimetil disolfuro (DMDS). Entrambi, sulla Terra, sono prodotti quasi esclusivamente da organismi viventi marini, come alghe e batteri. La loro presenza nell’atmosfera di K2-18b potrebbe indicare un’attività biologica simile, un’ipotesi che ha acceso un forte dibattito nella comunità scientifica.

Gli astronomi hanno eseguito più misurazioni indipendenti per escludere errori, ottenendo sempre risultati coerenti. Secondo le analisi, la concentrazione di queste molecole potrebbe essere migliaia di volte superiore rispetto ai livelli terrestri. Questo rende K2-18b un candidato sempre più interessante nella ricerca di forme di vita al di fuori del nostro pianeta, anche se sono necessari ulteriori dati per confermare qualsiasi ipotesi.