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Nuovi metodi per rilevare la vita sui pianeti oceanici: la chiave potrebbe essere la “vegetazione galleggiante”

Ecco come gli scienziati potrebbero individuare forme di vita sugli esopianeti. Il ruolo determinante della vegetazione

Un recente studio ha messo sotto la lente d’ingrandimento i differenti spettri di riflessione posseduti dalle piante galleggianti presenti sui pianeti simili alla nostra Terra, osservati poi in laboratorio attraverso un telerilevamento satellitare della così detta vegetazione galleggiante.

Stiamo parlando della flora tipica delle aree lacuali terrestre, costellate da foglie galleggianti sulla superficie dei bacini d’acqua. Le stesse foglie, individuate su esopianeti presentanti da caratteristiche similari rispetto a quelle del nostro Pianeta, presentano variazioni morfologiche realmente significative, che le avvicinano ad un inevitabile paragone con le piante terrestri.

Lo spettro di riflessione che caratterizza la vegetazione terrestre, preso come riferimento fondamentale nel corso di tali approfondimenti, è scientificamente conosciuto come bordo rosso e rappresenta una firma biologica determinante.

Ed è emerso che, nonostante la riflettività delle foglie galleggianti si presenti leggermente ridotta allo stato asciutto, il loro bordo rosso risulti maggiormente marcato se comparate proprio alle piante acquatiche sommerse.

Le tecnologie impiegate

Gli astronomi, attraverso lo svolgimento di approfondite indagini, sono riusciti a scovare la presenza di circa 6.000 esopianeti, la stragrande maggioranza dei quali potrebbe rivelarsi capace di ospitare acqua liquida sulla propria superficie, rendedola abitabile. Si tratta soltanto dell’ennesimo tassello annoverabile nella macroricerca relativa alla possibilità di forme di vita abitanti gli esopianeti, uno dei principali punti messi sotto la lente di ingrandimento da parte della comunità scientifica globale.

Le recenti indagini hanno permesso di condurre analisi su scala paesaggistica proprio attraverso un telerilevamento satellitare, come anticipato, grazie all’impiego del Sentinel-2 di ESA. L’utilizzo del NDVI, indice di vegetazione a differenza normalizzata, è in grado di mostrare una crescita estremamente prolifica nel corso dell’estate e esattamente all’opposto durante l’invero, quando si assiste ad un totale spopolamento. E’ per questo che il valore dell’indice risulta essere molto basso, quando il calcolo viene effettuato sulla media dell’intero anno.

Esempio di vegetazione galleggiante terrestre (Depositphotos foto) – www.aerospacecue.it

I risultati degli approfondimenti e le vedute per il futuro

Ciò nonostante, è stato sottolineato anche come la differenza tra i valori minimi e quelli massimi dell’NDVI risulta essere maggiormente pronunciata verso la vegetazione galleggiante, rispetto alle foreste. Il gruppo di studiosi si è concentrato perciò su un’indagine, che ha coinvolto circa 148 laghi e paludi siti nel territorio giapponese. I risultati hanno sottolineato come l’NDVI subisse una variazione con il cambio stagionale: valori estremamente negativi in inverno, positivi in estate. 

Il metodo si è rivelato fortemente in grado di migliorare la rilevabilità delle differenti fluttuazioni stagionali, rendendolo ipoteticamente applicabile con risultati altrettanto esaltanti e promettenti anche per quanto concerne futuri rilevamenti riguardanti la vita sugli esopianeti che si pensa possano essere abitabili. L’esplorazione potrà includere anche i pianeti oceanici qualora si dovesse scoprire dell’esistenza degli organismi fotosintetici universalmente anche sui differenti esopianeti potenzialmente ospitabili forme di vita. Lo studio è stato, comunque, in grado di fornire una consistente base per quanto concerne il futuro della ricerca di biofirme nelle missioni che avverranno nel futuro.