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Spazio, è quasi un miracolo | La sonda più antica al mondo ritorna a vivere: un regalo a tutta l’umanità

Illustrazione dell'iconica sonda (NASA foto) - www.aerospacecue.it

Illustrazione dell'iconica sonda (NASA foto) - www.aerospacecue.it

Un’impresa spaziale fuori dal tempo: la sonda torna a funzionare dopo oltre 20 anni grazie a un colpo di genio degli ingegneri NASA.

C’è qualcosa di poetico nel pensare che, in mezzo al vuoto cosmico, ci siano ancora delle tracce umane che continuano a viaggiare. Silenziose, lontane, ma sempre lì. Oggetti lanciati decenni fa che portano con sé frammenti della nostra curiosità, come messaggi in bottiglia lanciati nell’oceano più profondo che esista.

Nel corso degli anni, queste sonde sono diventate più che strumenti scientifici. Sono un po’ come vecchi eroi dimenticati che nonostante l’età, e contro ogni aspettativa, resistono. E quando una di loro invia un segnale, o risponde dopo mesi di silenzio… beh, è come se si riaccendesse qualcosa dentro anche a noi. Un piccolo promemoria che, anche se tutto sembra perso, magari non lo è davvero.

E poi, parliamoci chiaro: riuscire a comandare qualcosa che si trova a miliardi di chilometri da qui, dove la luce impiega quasi un giorno a viaggiare… non è proprio come inviare un messaggio su WhatsApp. È una roba che richiede pazienza, intelligenza e un pizzico di follia (nel senso buono eh). Qualunque intervento laggiù, nello spazio interstellare, è praticamente un miracolo calcolato.

Ed è proprio questo che rende tutto così affascinante. Il fatto che, nonostante gli anni, nonostante gli acciacchi (della sonda, ma forse anche nostri), qualcuno sulla Terra decida ancora di provarci. Di tentare il tutto per tutto, pur di non spezzare quel filo invisibile che ci lega a quei puntini lontani nel buio.

Una scintilla in mezzo al nulla

L’idea è nata quasi per caso, da un’intuizione. Uno degli ingegneri ha pensato: “e se il problema fosse solo un interruttore scattato per errore?” Da lì è partito tutto. Hanno preparato il comando giusto, aspettato con il fiato sospeso, e… ha funzionato. Ma non era privo di rischi: se i propulsori si fossero accesi troppo presto, senza che i riscaldatori li preparassero, sarebbe stato un disastro.

Invece no. La manovra è riuscita. I propulsori hanno risposto dopo vent’anni di silenzio. È stato un momento di festa, commozione quasi. Todd Barber, uno dei responsabili del progetto, l’ha detto chiaro: “Un altro miracolo”. Ecco, sì, proprio questo. Un piccolo, grande miracolo nello spazio più profondo, che ci ricorda quanto lontano può arrivare un’idea, se ci credi abbastanza.

Voyager 1 (NASA Science foto) - www.aerospacecue.it
Voyager 1 (NASA Science foto) – www.aerospacecue.it

Una missione che non vuole saperne di mollare

Come riporta IflScience, la protagonista di questa storia è Voyager 1, lanciata nel lontano 5 settembre 1977. Da allora ha superato tutto e tutti, arrivando oggi a quasi 25 miliardi di chilometri da casa. Dopo aver salutato i giganti gassosi del Sistema Solare, ha proseguito la sua corsa nell’ignoto. Oggi, molti dei suoi componenti non funzionano più, ma alcuni—tipo i propulsori che tengono l’antenna allineata verso la Terra—sono ancora fondamentali.

La NASA, con il suo team del Jet Propulsion Laboratory, ha fatto una cosa pazzesca: ha riattivato i propulsori principali, quelli “di rollio” per la precisione, che erano fermi da… mamma mia, dal 2004! Il problema? Dei riscaldatori interni andati in tilt. Nessuno ci credeva più, tanto che li avevano dati per spacciati. Ma con l’avvicinarsi del blackout delle comunicazioni (dovuto all’aggiornamento dell’enorme antenna Deep Space Station 43), si sono detti: proviamoci. E come detto, ha funzionato.