Alieni, scienziato americano ha implorato la Nasa di continuare le ricerche | Alla sua morte la sospensione: tutto insabbiato

Alieni su Marte (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it
Il figlio di uno scienziato rilancia un esperimento che potrebbe aver già rilevato vita aliena, criticando il silenzio della NASA.
Da decenni, la possibilità che non siamo soli nell’universo alimenta teorie, ricerche e interrogativi. I progressi della scienza spaziale e le spedizioni su altri pianeti hanno moltiplicato i segnali, le supposizioni e i confronti tra ciò che conosciamo e ciò che potremmo scoprire. Nonostante gli sforzi della comunità scientifica, il confine tra realtà e speculazione resta sottile.
Le missioni spaziali, in particolare quelle verso Marte, rappresentano uno dei fronti più affascinanti nella ricerca di forme di vita extraterrestre. Ogni sonda, ogni analisi, ogni esperimento lanciato nello spazio cerca di rispondere a una domanda antica: esistono forme di vita oltre la Terra?. Tuttavia, anche la scienza più avanzata può scontrarsi con barriere burocratiche, interessi politici o timori culturali.
Molte volte, teorie potenzialmente rivoluzionarie sono state accantonate o ignorate senza una spiegazione chiara. Non è raro che un’ipotesi audace venga derubricata a illusione o venga trattata con diffidenza. Questo accade ancor di più quando le scoperte toccano ambiti sensibili come l’esobiologia o la possibilità di contaminazione tra pianeti.
È in questo contesto che prende forma la vicenda di uno scienziato convinto di aver fatto una scoperta epocale. Una scoperta legata a una delle più importanti missioni su Marte del secolo scorso, poi messa in discussione, dimenticata, forse deliberatamente tralasciata. Oggi, anni dopo, la voce del figlio rilancia una richiesta rimasta inascoltata.
Un esperimento storico e un’eredità controversa
Gilbert Levin, ingegnere americano e scienziato associato alla NASA durante il programma Viking del 1976, fu tra i primi a sostenere di aver rilevato segnali di vita microbica su Marte. Il suo test, chiamato Labeled Release, indicò la possibile presenza di gas radioattivi generati da attività biologica nel suolo marziano. Ma la NASA, nonostante l’iniziale entusiasmo, respinse il risultato, affermando che le prove non erano conclusive.
Levin non rinunciò mai alla sua convinzione, continuando a raccogliere dati e rispondere alle obiezioni fino alla sua morte nel 2021, a 97 anni. Poco prima, pubblicò un articolo su Scientific American in cui difendeva ancora la validità dei suoi risultati. Secondo il figlio Ron Levin, anche lui ingegnere, la NASA avrebbe deliberatamente sospeso ogni ulteriore ricerca dopo la scomparsa del padre. E non finisce qui.
Richiesta ignorata e accuse di insabbiamento
Ron Levin ha recentemente dichiarato al quotidiano britannico The Sun che teme un vero e proprio insabbiamento da parte della NASA. L’ingegnere afferma di aver sollecitato l’agenzia a ripetere l’esperimento del padre, ma di aver ricevuto solo silenzi o rinvii. Ha anche coinvolto SpaceX, che si è mostrata interessata, ma ha chiesto che il nuovo strumento venga costruito privatamente.
Secondo Ron, la mancata volontà di ripetere l’esperimento non sarebbe solo una questione tecnica. Dietro al silenzio della NASA si celerebbero, secondo lui, timori geopolitici, religiosi e sanitari: la possibilità che gli astronauti possano essere esposti a forme di vita sconosciute e contagiose rappresenterebbe un rischio troppo grande da ammettere pubblicamente.