Una scoperta sensazionale nel pieno dell’Universo. I ricercatori si erano a lungo interrogati su cosa nascondesse
Per la prima volta nella storia, gli astronomi sono riusciti a rilevare la materia così detta “mancante” presente nell’Universo. E’ naturale chiedersi come ci sia riusciti a raggiungere un simile traguardo.
Ebbene, ciò è stato possibile grazie allo sfruttamento da parte dei ricercatori di potenti esplosioni di energia, all’apparenza poco chiare, note con l’acronimo FRB, in Italiano “lampi radio veloci“.
E si tratta di un risultato realmente estasiante per via del fatto che la materia attenzionata, poiché mancante, non fosse risultasse essere materia oscura, ricoprente l’85% circa dell’Universo materiale.
Già, perché stiamo parlando di una materia ordinata, composta da atomi, in grado addirittura di interagire con la luce, e che, ciò nonostante, non era mai stato possibile osservare sino ad ora, per via della sua eccessiva scurezza.
Tuttavia, nonostante la risoluzione di un quesito che aveva attanagliato generazioni di ricercatori prima di giungere ad un chiarimento, resta un ulteriore quesito a cui porre risposta. Perché la materia barionica risulta essere distribuita in modo eccessivamente sottile negli aloni circondanti le galassie e le nubi diffuse, vaganti tra le galassie? L’ipotetica risposta potrebbe già esser giunta in nostro possesso, ancora una volta grazie all’impiego degli FRB.
Secondo quanto affermato dal ricercatore presso il Center for Astrophysics, Harvard e Smithsonian, Liam Connor, gli stessi sono in grado di brillare anche attraverso la nebbia, mantenendo una precisa misura nei confronti del rallentamento della luce. La loro breve durata rende molto difficile, se non in alcuni casi impossibile, comprendere; ciò nonostante, il loro potenziale appare come immenso, fondamentale per procedere alla “pesatura” della materia tra le galassie. Un ulteriore ostacolo, a dirla tutta, sarebbe rappresentato dal fatto che tra le migliaia di FRB scoperti, soltanto alcuni risulterebbero adatti ad essere impiegati proprio in questa direzione.
Il Professor Connor, per esempio, ha impiegato addirittura 69 FRB, tra i quali a spiccare è stato sicuramente FRB 20230521B, sorgente più distante mai scoperta nella storia. La maggior parte di questi sono stati scoperti grazie all’impiego di una sofisticata rete di ben 110 telescopi siti presso la OVRO del Caltech, mentre per altri si è reso fondamentale l’enorme aiuto rappresentato dall’ASKAP, Australian Square Kilometre Array Pathfinder, sito nell’Australia Occidentale.
Esattamente allo stesso modo in cui la luce solare attraversa un prisma, i FRB attraversano la materia, scomponendo la luce di cui sono costituiti in differenti lunghezze d’onda, i cui angoli di separazione vengono utilizzati al fine di quantificare la materia sita all’interno di nubi o strutture analoghe. E proprio grazie a risultati simili, il team è riuscito ad affermare come il 76% circa della materia ordinaria presente nell’intero Cosmo si nascondesse tra le galassie spaziali, il 15% circa potrebbe trovarsi tra vasti aloni diffusi, circondanti le galassie e il restante 9% concentrato direttamente all’interno delle stesse galassie. Ad indicarlo è un articolo pubblicato sull’autorevole rivista Space.