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Nello Spazio si hanno solo 90 secondi per sopravvivere | Devi sperare che ci sia qualcuno con te o sei finito in 12 secondi

Astronauta in orbita (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it

Astronauta in orbita (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it

Nello spazio il pericolo è silenzioso: bastano pochi secondi per perdere conoscenza e solo 90 per avere una possibilità di sopravvivere.

C’è qualcosa nello spazio che ci affascina e ci spaventa allo stesso tempo. È quel posto dove tutto sembra possibile, ma dove niente è fatto per noi. Nel tempo, film e serie hanno costruito un’idea quasi mitologica di ciò che succede quando il corpo umano si trova senza protezioni là fuori, tra le stelle. E, diciamolo, spesso ci hanno raccontato un sacco di fesserie.

La scena classica? Qualcuno che fluttua fuori dalla navetta e… boom, esplode come un pallone bucato. Ma la realtà è molto meno rumorosa. E molto più spaventosa. Perché là fuori non è che ti congeli o ti disintegri all’istante. No, quello che succede è molto più silenzioso e, se vogliamo, subdolo. Non è il tipo di morte che ti aspetti, ma è rapida e crudele.

Pensiamoci: tutto ciò che ci tiene in vita qui sulla Terra – pressione atmosferica, ossigeno, temperatura stabile – nello spazio scompare nel giro di un battito di ciglia. Il nostro corpo, abituato a queste condizioni, impazzisce appena viene privato di questi elementi essenziali. Ma quanto tempo abbiamo, davvero, se qualcosa va storto? Quanti secondi passano prima che sia troppo tardi?

Ecco, questo è il punto. Si tende a sottovalutare quanto sia veloce l’effetto del vuoto sul nostro organismo. Non è qualcosa che si può “resistere” o superare con la forza di volontà. Serve sapere cosa succede. E, ancora di più, serve che ci sia qualcuno pronto ad aiutarti in fretta. Se sei solo… beh, le cose si mettono male in pochissimo tempo.

Cosa succede veramente al corpo senza protezione nello spazio

Allora, partiamo da una cosa: non esplodi. Il corpo non si gonfia come un pallone fino a scoppiare, nonostante quello che si vede nei film. I tessuti, i vasi sanguigni, tengono botta. Però succede qualcosa di molto peggiore: si chiama ebullismo. Praticamente, l’acqua dentro di te – nei tessuti, nel sangue – comincia a bollire. Non perché è calda, ma perché la pressione cala a tal punto che l’ebollizione parte a temperatura corporea.

Un altro effetto devastante? L’ossigeno. Non quello che respiri, ma quello già presente nei polmoni. Appena vieni esposto al vuoto, viene espulso di colpo. Ti rimane solo quello nel sangue, e dura pochissimo. Secondo la NASA, ci sono dai 9 ai 12 secondi in cui puoi ancora ragionare – o almeno restare cosciente – prima di svenire. E in quei secondi, non puoi nemmeno gridare. È tutto… silenzioso.

Astronauta nello spazio (Pixabay foto) - www.aerospacecue.it
Astronauta nello spazio (Pixabay foto) – www.aerospacecue.it

Quei 90 secondi che ti separano dalla morte (o dalla salvezza)

C’è un episodio che è diventato quasi leggendario, come riporta HD Blog. Un test al Johnson Space Center, anni fa, finì male per un tecnico, Jim LeBlanc. La sua tuta perse pressione, lui venne esposto al vuoto e perse conoscenza. Però – ed è un grosso però – riuscirono a tirarlo fuori in tempo. E si riprese del tutto. Un miracolo? No. Solo una corsa contro il tempo vinta per un soffio, poiché sono riusciti ad intervenire in meno di 90 secondi.

In altri casi, invece, non c’è stato niente da fare. Come per i tre cosmonauti della Soyuz 11, nel 1971. Durante il rientro, la capsula si depressurizzò e loro non indossavano tute protettive. Furono esposti al vuoto troppo a lungo. Le autopsie parlarono chiaro: gonfiore dei tessuti, capillari scoppiati, ebollizione interna. Nessun rumore, nessuna esplosione. Solo una morte lenta e invisibile.