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Il Sole come non l’abbiamo mai visto: Parker Solar Probe scatta immagini del Sole da record

Illustrazione del Sole (Canva FOTO) - aerospacecue.it

Illustrazione del Sole (Canva FOTO) - aerospacecue.it

Il Sole non smette mai di sorprenderci, e grazie a queste riprese possiamo avere delle immagini nitide della nostra stella.

A volte si pensa al Sole come a una sfera luminosa immobile, un po’ scontata, sempre lì nel cielo. In realtà, è un ambiente dinamico e turbolento, capace di generare venti violenti e brillamenti giganteschi. Ed è proprio lì che la NASA ha spinto uno dei suoi veicoli spaziali più ambiziosi: la Parker Solar Probe. Durante un passaggio record avvenuto alla fine del 2024, la sonda ha scattato immagini ravvicinate come mai prima d’ora: appena 3,8 milioni di miglia dalla superficie solare.

Questi scatti spettacolari mostrano per la prima volta dettagli della corona e del vento solare, quel flusso di particelle cariche che il Sole lancia costantemente verso l’esterno a più di un milione di miglia all’ora. È un fenomeno potente, che influenza tutto il sistema solare, inclusa la Terra. Può creare aurore ma anche blackout, disturbare i segnali GPS e, in casi estremi, mettere in difficoltà satelliti e astronauti.

Il bello è che fino a poco tempo fa, tutto ciò si studiava da lontano. Ora, grazie a strumenti come WISPR (Wide-Field Imager for Solar Probe), gli scienziati stanno osservando da dentro la tempesta. E non si tratta solo di belle immagini: questi dati potrebbero migliorare di molto le previsioni sul meteo spaziale. Una questione seria, specie quando si parla di protezione per chi viaggia nello spazio o di sicurezza per le reti elettriche a terra.

Le immagini mostrano anche collisioni tra le cosiddette CME (espulsioni di massa coronale), vere e proprie nuvole di particelle che si scontrano e si fondono nel vuoto cosmico. Un fenomeno difficile da prevedere, ma che la Parker ha catturato in alta risoluzione. E questo potrebbe fare la differenza, perché quando le CME si uniscono, il loro comportamento cambia e diventa più difficile calcolarne la traiettoria.

Dentro il vento solare, dove tutto inizia

Il vento solare non è una semplice brezza spaziale. A ben vedere, è una corrente turbolenta e carica di energia che nasce direttamente dalla superficie visibile del Sole. A svelarne i primi dettagli fu Eugene Parker negli anni ’50, ma solo oggi la sonda che porta il suo nome sta permettendo di vedere davvero cosa succede lì dove tutto comincia. Avvicinandosi fino a 8 milioni di miglia dal Sole, la sonda ha incontrato strutture magnetiche bizzarre, chiamate “switchbacks”, inversioni improvvise del campo magnetico. All’epoca fu una scoperta sorprendente.

Nel 2024, la sonda ha permesso di individuare l’origine di questi switchbacks in alcune zone della superficie solare dove si formano canalizzazioni magnetiche, come dei piccoli imbuti da cui le particelle scappano via. Questo ha aiutato a capire meglio il vento solare veloce, che viaggia a circa 450 chilometri al secondo. Ma il vento lento, più denso e irregolare, rimaneva ancora un enigma. Eppure, è proprio questo tipo di vento che, interagendo con quello veloce, può causare condizioni spaziali turbolente intorno alla Terra.

Illustrazione di una parte delle riprese (NASA_Johns Hopkins APL_Naval Research Lab Screen Video) - aerospacecue.it
Illustrazione di una parte delle riprese (NASA_Johns Hopkins APL_Naval Research Lab Screen Video) – aerospacecue.it

I venti solari

Come riprotato sul sito della NASA, con il tempo, gli scienziati hanno scoperto che il vento solare lento si presenta in due forme diverse. Una chiamata “alvfenica”, più irregolare e mostra piccole variazioni del campo magnetico, simili agli switchbacks. L’altra, detta “non-alvfenica”, è più uniforme. Finora però non era chiaro se avessero anche origini diverse.

E qui entra di nuovo in gioco la Parker Solar Probe: osservando da vicino, ha confermato che le due varianti hanno effettivamente fonti differenti. Quella non-alvfenica sembra nascere da strutture chiamate helmet streamers, ampi archi magnetici che collegano zone attive del Sole. Quella alvfenica, invece, pare provenire dalle cosiddette coronal holes, regioni più scure e fredde della corona.