Le missioni con esseri umani su Marte saranno un fallimento | Moriranno tutti: appena lo ha detto, la NASA ha licenziato un suo dipendente

Astronauta e Marte (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it
Dietro l’entusiasmo per le missioni su Marte si nascondono tensioni, dubbi e un licenziamento che fa discutere.
Andare nello spazio è affascinante, certo, ma dietro ogni missione c’è molto più di quel che si vede nelle foto patinate o nei video spettacolari. È un universo di procedure, controlli, protocolli, test su test… e sì, anche un po’ di politica interna. L’esplorazione spaziale è una faccenda complicata, fatta di entusiasmi e battute d’arresto, sogni condivisi e tensioni sotto la superficie.
Negli ultimi tempi, l’attenzione si è spostata sempre di più su Marte. Quel pallino rosso nel cielo ha ormai smesso di essere solo un’idea romantica: è diventato un obiettivo concreto. Robot che scavano, sonde che fotografano, piani ambiziosi per inviarci esseri umani… eppure, dietro tutto questo fermento, ci sono ancora molte incognite.
Viaggiare fino a Marte non è proprio come fare un salto sulla Luna. Si parla di mesi e mesi di viaggio, isolamento, rischi costanti. Anche se le tecnologie avanzano, il problema vero è un altro: quanto possiamo davvero garantire la sicurezza di chi parte? E siamo sicuri di sapere abbastanza su ciò che troveremo laggiù?
In mezzo a tutte queste domande, le polemiche non mancano. C’è chi dice che le priorità non sono ben chiare, chi denuncia mancanze nella preparazione, chi semplicemente… non viene ascoltato. Insomma, mentre il pubblico guarda i rendering 3D delle navette futuristiche, dentro le agenzie spaziali si discute di cose molto più concrete, tipo guanti sporchi, camere non sterilizzate e campioni potenzialmente compromessi.
Parole scomode e un addio improvviso
Ed è proprio qui che entra in gioco Catharine Conley. Ex dirigente della NASA, per anni si è occupata di protezione planetaria. In pratica, doveva assicurarsi che nulla — né microrganismi, né contaminanti — venisse portato su altri pianeti, o tornasse sulla Terra. Un ruolo delicatissimo. Solo che, a un certo punto, ha iniziato a farsi domande. Temeva che il rover Perseverance, lanciato con la missione Mars 2020, non fosse stato pulito in modo adeguato. E lo ha detto. Pubblicamente.
Risultato? È stata allontanata dal suo incarico. Secondo lei, un modo per toglierla di mezzo, perché quelle osservazioni non piacevano ai piani alti. Lo ha raccontato in un’intervista a The Sun, dicendo chiaramente che “non volevano più fare il tipo di lavoro che facevamo da decenni”. E che il livello di contaminazione tollerato oggi non ha nulla a che fare con quello che veniva accettato in passato. Ma la parte più inquietante è un’altra.
Il vero rischio non è dove tutti guardano
Conley ha ammesso di avere seri dubbi sulla possibilità che le future missioni umane su Marte si concludano con un ritorno. Detto in parole povere: teme che potrebbero non farcela. Soprattutto se si considera che, secondo lei, SpaceX — l’azienda di Elon Musk — non starebbe investendo abbastanza nei sistemi di supporto vitale a lungo termine. E senza quelli… beh, non c’è razzo che tenga.
Non è solo una questione tecnica. Conley solleva un problema etico enorme: se un astronauta si ammala su Marte, per un agente sconosciuto, è giusto farlo tornare sulla Terra rischiando un’eventuale contaminazione? E senza prima aver analizzato in dettaglio i materiali marziani? Secondo lei, saltare il passaggio della missione robotica di ritorno è un errore clamoroso. E potrebbe costare caro. Davvero caro.