Da decenni c’è chi sospetta che il governo americano sappia molto più di quanto ammetta sui fenomeni alieni.
Da anni, chi prova a scavare nei misteri legati a strane presenze nei cieli, incontri sospetti o luci inspiegabili, finisce sempre per sbattere contro lo stesso muro: il silenzio delle autorità. In un mondo in cui si chiede sempre più trasparenza e accesso ai dati, certi silenzi iniziano a pesare. È come se ci fosse una verità troppo grossa, troppo scomoda, che da qualche parte si cerca di tenere nascosta.
Nel tempo, tanti nomi più o meno noti – tra cui militari, ex agenti, tecnici e studiosi – hanno lasciato intendere che qualcosa di molto serio sia stato nascosto all’opinione pubblica. Accenni, mezze frasi, ammissioni vaghe. Mai nulla di veramente solido, ma abbastanza da alimentare il dubbio. Il problema è che, quando manca un’informazione chiara, il vuoto si riempie con le ipotesi. E così il mistero cresce, assieme al sospetto.
Eppure la questione non è solo filosofica o da fantascienza. Oggi si parla di un tema che tocca anche la fiducia verso le istituzioni. Se davvero ci sono cose che non possiamo sapere, chi decide cosa è troppo “grande” per noi? Forse è questa la domanda più inquietante. Perché nel momento in cui si inizia a dubitare della verità ufficiale, tutto diventa discutibile. Compresa la versione dei fatti a cui ci hanno abituati per decenni.
E infatti, negli ultimi anni, si è moltiplicato il numero di politici, ricercatori e anche semplici cittadini che chiedono a gran voce che si dica tutto. Che si smetta di nascondere, che si racconti cosa c’è davvero dietro certe sigle e certi fenomeni. Ma il punto è: c’è davvero qualcosa da rivelare? Un documentario appena uscito rilancia con forza la questione.
Si chiama The Age of Disclosure ed è stato presentato al festival South by Southwest. A dirigere il progetto c’è Dan Farah, che ha messo insieme decine di interviste a scienziati, ex funzionari e membri del governo USA. L’idea è raccontare – o almeno provarci – cosa si nasconde dietro 80 anni di osservazioni e studi su fenomeni aerei inspiegabili. Ma la parte più scottante, forse, è quella che riguarda un presunto programma segreto americano dedicato alla retroingegneria di tecnologie aliene.
Nel film compaiono anche diversi senatori, come Marco Rubio, Kirsten Gillibrand e Mike Rounds. Tutti, pur con sfumature diverse, chiedono la stessa cosa: che si smetta di tenere nascosti i documenti top secret su questi fenomeni. Soprattutto quando si parla di oggetti non identificati che sorvolano zone sensibili come basi nucleari. “Non sappiamo di chi siano,” ha detto Rubio, “ma già solo questo merita un’indagine seria”.
Secondo quanto riportato da The U.S. Sun, il documentario non si limita a raccontare sospetti. Ci sono dichiarazioni pesanti, tipo quella di Jay Stratton, ex direttore della task force UAP del Pentagono, che ha detto apertamente: “Ho visto con i miei occhi velivoli e esseri non umani”. Ma non è l’unico. Luis Elizondo, altro ex funzionario della Difesa, sostiene che esista un programma parallelo, più segreto di qualsiasi altro, tenuto nascosto perfino al presidente degli Stati Uniti.
C’è anche un memo del 2002, saltato fuori nel 2019, in cui lo scienziato Eric Davis discute con Thomas Wilson (ex direttore della DIA) di un’operazione per studiare i resti di oggetti non terrestri. Wilson oggi nega, ma il documento circola. Stratton dice che ha lottato per far emergere le prove, che ha indicato dove cercarle, ma che l’accesso è stato negato anche ai vertici. E il pericolo non è solo interno: secondo alcuni esperti, se una potenza ostile dovesse mettere le mani su questa tecnologia, il mondo potrebbe cambiare – e non in meglio.