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Ponte sullo Stretto, geologi lanciano un nuovo allarme | Troppo pericoloso costruirlo: rischio crollo altissimo

Ponte sullo Stretto e pericoli (screenshot Geopop - YouTube) - www.aerospacecue.it

Ponte sullo Stretto e pericoli (screenshot Geopop - YouTube) - www.aerospacecue.it

I geologi mettono in guardia: servono dati più precisi e valutazioni rigorose prima di affrontare una sfida così delicata.

Negli ultimi tempi, in Italia si è tornato a parlare con insistenza di quelle opere “colossali” che promettono di rivoluzionare tutto: trasporti, economia, connessioni. Ma dietro le dichiarazioni ufficiali c’è sempre chi storce il naso. Il fatto è che, quando si parla di grandi progetti, non bastano mai solo i numeri o le promesse. Serve capire dove e come queste opere verranno realizzate. E, soprattutto, se è davvero il caso di farle.

Viviamo in un Paese dove la terra sotto i piedi non è mai stata troppo stabile. L’Italia è uno dei territori più sismicamente attivi d’Europa, e questa non è una cosa che si può dimenticare, soprattutto quando si costruisce in aree “delicate”. Certo, negli anni le tecnologie sono avanzate, le normative sono diventate più severe, ma il punto rimane: quanto sappiamo davvero del comportamento del suolo in certe zone? E siamo sicuri che basti affidarsi ai modelli teorici?

Il problema è che spesso, quando si progettano strutture complesse, ci si affida troppo a tabelle e previsioni, dimenticando che la natura non segue le nostre formule. Soprattutto in territori complessi come i nostri. I calcoli ingegneristici sono fondamentali, certo, ma non possono sostituire un’analisi profonda del contesto geologico.

Non è raro, anzi succede spesso, che gli esperti non siano tutti d’accordo. E questo non perché non ci siano dati, ma perché i fenomeni naturali sono complicati da modellare. Quando ci sono tante variabili in gioco, ogni piccola incertezza può cambiare tutto. È proprio per questo che, in certi casi, bisognerebbe fermarsi un attimo e ascoltare chi studia da decenni questi rischi, prima di tirare dritto per la propria strada.

Quando i numeri non dicono tutto

Proprio su questo punto è intervenuto di recente Domenico Angelone, Presidente dell’Ordine dei Geologi del Molise. Come riporta buildnews.it, le sue parole sono chiare, quasi lapidarie: le analisi finora fatte sull’area dello Stretto non bastano. Secondo lui, il rischio sismico è stato sottovalutato. Le carte tecniche danno una certa lettura, ma i dati reali raccontano una storia diversa, molto più preoccupante. Anzi, lui dice proprio che le accelerazioni al suolo potrebbero superare di parecchio quelle previste dal progetto.

C’è anche un altro aspetto che viene spesso messo in secondo piano: la componente verticale del moto sismico. È un tema un po’ tecnico, certo, ma fondamentale. In pratica, quando il terremoto arriva, non scuote solo “di lato”. In certi casi, come dimostrano eventi passati anche in Italia, il terreno si muove in verticale con una violenza tale da mettere in crisi anche strutture progettate per resistere. Angelone insiste su questo: se non si tiene conto seriamente di questa variabile, si rischia grosso.

Ponte sullo Stretto scorcio ricostruzione (screenshot Geopop - YouTube) - www.aerospacecue.it
Ponte sullo Stretto scorcio ricostruzione (screenshot Geopop – YouTube) – www.aerospacecue.it

Un rischio che non si può ignorare

Angelone fa riferimento anche al terremoto di Amatrice del 2016, quando alcune stazioni sismiche hanno registrato valori fuori scala. Non stiamo parlando di casi limite da manuale, ma di dati reali, verificati. In situazioni simili, le accelerazioni hanno superato anche 1 g, e in certe zone si è arrivati fino a 1,5 g. Numeri che fanno tremare i polsi, se pensiamo alla complessità di una struttura come quella del Ponte. Nel contesto dello Stretto, dove le faglie attive sono numerose e vicine, questi scenari non possono essere esclusi. Anzi, vanno messi al centro.

Ma la critica più forte che emerge dal suo intervento riguarda proprio l’approccio. Secondo Angelone, non basta rispettare le norme. Serve un passo in più: una conoscenza profonda del sottosuolo, una modellazione accurata, un’analisi seria delle amplificazioni locali. Solo così si può evitare che un errore di valutazione diventi un rischio concreto. E, come sottolinea lui stesso, la prevenzione non è un’opzione: è una responsabilità.