Sul Pianeta Rosso ne era rimasto uno solo in vita e lo abbiamo fatto fuori | L’acqua lo ha ucciso

Vita su Marte (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it
Ecco un esemplare tirato fuori dal pianeta rosso che però venendo a contatto con l’acqua si è disintegrato del tutto.
Marte, il cosiddetto “pianeta rosso”, è da sempre uno degli oggetti celesti più affascinanti e studiati dall’umanità. La sua superficie desertica, costellata di crateri, canyon e vulcani giganteschi, stimola l’immaginazione degli scienziati e del pubblico.
Da secoli viene osservato con curiosità, ma è solo negli ultimi decenni, grazie alle sonde e ai rover, che è stato possibile raccogliere dati concreti sulla sua composizione, sul clima e sulle possibilità di vita. L’interesse per Marte non riguarda soltanto l’astronomia, ma anche il futuro dell’esplorazione spaziale, visto che è considerato il candidato ideale per ospitare in futuro basi umane.
Le missioni spaziali hanno rivelato che Marte un tempo possedeva acqua liquida in abbondanza, come dimostrano i letti di fiumi ormai prosciugati e le tracce di ghiaccio sotterraneo. Questa scoperta ha alimentato la speranza che in passato il pianeta potesse aver ospitato forme di vita microbica.
Attualmente, missioni come Perseverance della NASA o Tianwen-1 della Cina hanno il compito di studiare il suolo e raccogliere campioni che potrebbero, un giorno, essere riportati sulla Terra per ulteriori analisi.Oltre agli aspetti scientifici, Marte rappresenta anche una grande sfida tecnologica e logistica.
Come raggiungerlo
Raggiungerlo richiede viaggi di mesi, e la sua atmosfera rarefatta rende difficile l’atterraggio di navicelle e la sopravvivenza degli esseri umani. Tuttavia, agenzie spaziali e aziende private come SpaceX stanno già pianificando missioni con equipaggio, immaginando un futuro in cui Marte possa diventare una “seconda casa” per l’umanità.
Dunque, Marte non è solo un pianeta da studiare, ma un simbolo del desiderio umano di esplorare e superare i propri limiti. Ogni nuova scoperta rafforza l’idea che l’universo sia ancora pieno di misteri da svelare e che, forse, il prossimo grande passo dell’uomo sarà mettere piede proprio sul pianeta rosso.
Il caso in questione
Come riporta passioneastronomia.it, l’esperimento dei lander Viking dimostra quanto fosse limitata, negli anni ’70, la conoscenza dell’ambiente marziano. Convinti che l’acqua fosse la chiave universale per rivelare eventuali forme di vita, gli scienziati decisero di aggiungerla direttamente ai campioni di suolo. Oggi sappiamo che su Marte potrebbero esistere microbi adattati a condizioni di estrema aridità, capaci di assorbire minuscole quantità di umidità dall’atmosfera. In questo contesto, l’aggiunta di acqua liquida non avrebbe favorito la loro sopravvivenza, ma al contrario avrebbe potuto distruggerli.
Questa ipotesi ribalta l’interpretazione dei risultati degli esperimenti Viking, che a lungo sono stati considerati inconcludenti. Se davvero forme di vita microscopica erano presenti nei campioni, il contatto diretto con l’acqua potrebbe averle “soffocate”, impedendo così di rilevarne traccia.