Spazio, scienziati smentiti in un lampo | Altro che Oceani: su questi Pianeti non c’è una sola goccia di acqua

Illustrazione di esopianeta oceanico (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it
Nuove ricerche ribaltano l’idea su questi pianeti: niente oceani sconfinati, ma mondi molto più aridi e inaspettati.
Da sempre ci piace fantasticare su pianeti coperti da mari sconfinati, un po’ come se l’universo fosse pieno di “Terre blu” nascoste qua e là. L’idea che lassù, tra le stelle, possano esistere mondi con oceani profondissimi e cieli alieni ha fatto sognare non solo gli scienziati, ma anche scrittori e appassionati di fantascienza. Per anni è sembrata quasi una certezza, una promessa che prima o poi sarebbe stata mantenuta.
Negli ultimi tempi, poi, la tecnologia ci ha spinti ancora di più in quella direzione. Il telescopio James Webb, con i suoi occhi potentissimi, ha iniziato a scrutare le atmosfere di pianeti lontani, trovando perfino tracce di vapore acqueo. Risultati così hanno acceso l’entusiasmo: molti hanno parlato di “Hycean worlds”, pianeti con enormi oceani e atmosfere ricche di idrogeno, quasi degli specchi d’acqua persi nello spazio.
Il bello di queste teorie è che ci facevano immaginare un cosmo pieno di vita, non confinato solo alla nostra Terra. Pensare che a centinaia di anni luce potessero esistere ambienti familiari, con distese liquide simili ai nostri mari, ha dato alla ricerca un nuovo slancio. Era un filone promettente, una direzione che sembrava davvero portare lontano, sia in senso letterale che scientifico.
Eppure la scienza funziona così: quello che un giorno sembra certo, il giorno dopo può essere ribaltato da un dato nuovo o da un modello più accurato. Succede spesso che l’immaginazione debba fare i conti con la realtà, e proprio in questo equilibrio nasce il fascino della ricerca. Oggi ci troviamo davanti a risultati che non solo rimettono in discussione alcune convinzioni, ma cambiano anche il modo in cui guardiamo agli esopianeti in generale.
Quando i calcoli rimettono tutto in discussione
Un gruppo di ricercatori ha analizzato da cima a fondo un campione di 248 pianeti della categoria “sub-Nettuno”, cioè più grandi della Terra ma più piccoli di Nettuno. Per la prima volta, nei modelli non sono stati inseriti soltanto dati sulle atmosfere, ma anche le reazioni chimiche con gli strati interni, fatti di magma e materiali fusi. Un lavoro enorme che ha cercato di capire se davvero questi corpi celesti potessero trattenere grandi quantità di acqua.
E i risultati? Non esattamente quello che ci si aspettava. Le simulazioni mostrano che, anche se inizialmente questi mondi potevano accumulare ghiaccio in abbondanza, col tempo la maggior parte di quel materiale finisce intrappolata all’interno. Gli elementi fondamentali come idrogeno e ossigeno vengono bloccati negli strati profondi, e ciò che resta in superficie è solo una minima parte. E cosa succede quindi?
Quello che resta dei sogni oceanici
Secondo lo studio pubblicato su The Astrophysical Journal Letters e ripreso da Universe Today, tramite Everyeye, la quantità residua d’acqua su questi pianeti arriva appena all’1,5% della loro massa. Una cifra minuscola rispetto al 50-90% che si pensava fino a poco fa. E questo cambia radicalmente la prospettiva: pianeti come K2-18b, che sembravano i candidati perfetti per ospitare oceani immensi, appaiono in realtà molto più aridi e secchi del previsto.
C’è però un aspetto positivo, anzi quasi rassicurante. La Terra, con il suo 70% di superficie coperta dai mari, non è un’anomalia isolata, ma potrebbe essere molto più “normale” di quanto ci immaginavamo. In altre parole, l’acqua abbondante sul nostro pianeta non rappresenta un colpo di fortuna irripetibile, ma una condizione che potrebbe ripetersi altrove, anche se per ragioni diverse da quelle ipotizzate in passato.