Stonehenge, quando tutti pensavano di aver risolto i misteri eccone un altro | L’enorme altare nasconde un segreto: impossibile che fosse di questo mondo

I misteri di Stonehenge (Pexels foto) - www.aerospacecue.it
C’è davvero la mano di una civiltà extraterrestre nella costruzione del sito? Agli occhi degli esperti è balzato un dettaglio che ha fatto discutere
Quando si parla di arte preistorica è inevitabile che l’immediato collegamento avvenga con Stonehenge, sito archeologico sito nella piana di Salisbury, ad una decina di chilometri di distanza dall’omonima città, nel Regno Unito.
Raggiungendo il sito sarà possibile osservare un imponente insieme di piloni megalitici di pietra, disposti seguendo una forma a cerchi concentrici, la cui origine viene fatta risalire ad un periodo storico compreso tra il 3000 e il 1600 a.C.
L’aspetto indubbiamente più curioso, in merito al quale si sono succeduti i punti di vista, anche diametralmente opposti, degli storici nel corso dei secoli riguarda proprio l’utilizzo che ne veniva fatto e la funzione che tale costruzione possedeva nel passato.
Sullo scopo restano ancora nebbiosi dubbi, ma le teorie più accreditate sono quella che ne inquadra una funzione come tempio religioso o cerimoniale, ma anche quella correlata all’astronomia, come se avesse rappresentato un osservatorio primordiale.
Gli studiosi si sono sempre sbagliati?
Come riportato da Yahoo News, tuttavia, i misteri che si celano dietro ad uno dei siti archeologici più frequentati, ma soprattutto approfonditi e studiati al mondo, non tardano a mostrarsi prorompenti con una frequenza spaventosa. Anche se ormai ogni trama sembra esser stata svelata e chiarita, i dubbi continuano a riaffiorare, facendo interrogare tutti circa l’assurda natura di quelle rocce. Ad essere stato recentemente riguardato da necessari chiarimenti è stato, in particolar modo, il massiccio Altare in arenaria che si trova proprio in posizione centrale rispetto all’intero cerchio.
Già, perché sebbene inizialmente gli studiosi non avessero dubbi circa la sua provenienza, dalle terre del Galles, una recente analisi chimica, che ha trovato pubblicazione sull’autorevole rivista Nature, getta i riflettori su una ricostruzione differente, indicando come luogo di origine di quella stessa roccia verdognola la Scozia, e più precisamente il bacino di Orcadia, che dista quasi 750 km di distanza rispetto a Salisbury.
Come ci sono riusciti?
A rivelarlo, percorrendo tale possibile strada, è stato un team di ricerca internazionale proveniente dalla Curtin University, che ha basato i propri studi sui grani minerali del monolite stesso, confrontandoli con le rocce britanniche. In questo modo è stato possibile rilevare un’impronta chimica analoga a quella delle formazioni rocciose provenienti dalla Scozia, che presentano più di qualche differenza con il substrato del Cymru. A questo punto le convinzioni che gli storici avevano da sempre conservato circa i commerci e le migrazioni avvenute nel passato Neolitico meritano di essere nuovamente approfondite e, se necessario, perfino riscritte da zero.
Ma c’è ancora un ulteriore quesito che balena nella testa dei più curiosi, per non parlare del punto di vista degli studiosi stessi: in che modo un blocco di sei tonnellate è stato trasportato per oltre 700 km fino alle pianure del Wiltshire, tenendo conto di quali fossero anche solo le “tecnologie” per mobilitarsi nel 2600 a.C. circa? La risposta ce l’abbiamo eccome. I ricercatori indicano che in una società organizzata come quella che abitava l’odierna Gran Bretagna all’epoca l’impiego di corde, tronchi, ma probabilmente anche di rotte marittime che si articolavano lungo le coste, in modo coordinato, riuscirono a compiere l’impresa.