Marte, la vita è stata scoperta nel 1895 | Da quel momento è stata una corsa contro il tempo: bisogna scovarli a tutti i costi
Alieni su Marte (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it
Tutto iniziò con un telescopio e una parola particolare: così nacque la lunga storia che Marte fosse abitato.
Alla fine dell’Ottocento, c’era un’atmosfera un po’… elettrica. Le scoperte scientifiche si susseguivano, i libri di astronomia iniziavano a circolare anche fuori dalle accademie e la gente, beh, iniziava a guardare il cielo con più interesse.
La domanda “siamo davvero soli?” non era più solo roba da filosofi. Marte, poi, era al centro di tutto. Quel colore rossastro, quelle linee strane viste da lontano… insomma, sembrava proprio il posto perfetto per ospitare qualcun altro. Magari non troppo diverso da noi.
L’idea dei marziani, però, non è nata da un romanzo o da un film, come molti pensano. È spuntata fuori da un contesto molto più serio. All’epoca si guardava il cielo con occhi pieni di aspettative, e ogni nuova osservazione diventava subito fonte di teorie e sogni.
Non bisogna dimenticare che, in quegli anni, gli strumenti per osservare lo spazio erano ancora rudimentali. Le immagini erano poco nitide, i dettagli sfuggenti. Ma giravano già parecchie informazioni. Ecco, è proprio da qui che nasce tutto. O meglio, da un uomo in particolare.
Una parola tira l’altra
Giovanni Schiaparelli, così si chiamava. Come riporta Focus.it, nel 1895 scrisse un trattato – La vita sul pianeta Marte – dove parlava di alcune “depressioni del suolo” dritte per chilometri. Le chiamò “canali”. Non intendeva dire che fossero artificiali, solo delle specie di valli, forse legate al passaggio dell’acqua. Ma quando il testo fu letto dagli studiosi stranieri, “canali” diventò “canals” in inglese, cioè una costruzione artificiale. La parola giusta, invece, sarebbe stata “channels”.
Da lì in poi, fu tutto un crescendo. In tanti iniziarono a pensare che Marte fosse abitato. Che quelle linee fossero autostrade d’acqua progettate da qualche civiltà aliena avanzata. E anche se Schiaparelli non l’aveva mai detto, ormai l’idea aveva preso il volo. Complice anche un altro astronomo, lo statunitense Percival Lowell, che ci mise del suo.

Da una parola a un’intera civiltà marziana
Lowell era convinto. Pubblicò libri, trattati, disegni. Diceva che i marziani avevano costruito un’enorme rete di canali per trasportare l’acqua e sopravvivere in un ambiente difficile. Un’idea affascinante, certo. Ma del tutto infondata. Le immagini di Marte che giravano all’epoca non erano abbastanza chiare, e quelle “strutture” visibili al telescopio… beh, non esistevano proprio.
Sì, perché alla fine quei canali erano solo illusioni ottiche. Giochi di luce, imperfezioni dell’osservazione. Su Marte non c’erano né canali naturali né costruzioni artificiali. Ma ormai era troppo tardi: la leggenda dei marziani era già entrata nella cultura popolare, alimentata da giornali, racconti e fantasie collettive.
