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Esoscheletro a muscoli artificiali: verso una nuova generazione di tute spaziali e assistenza robotica

Esoscheletro a muscoli artificiali: verso una nuova generazione di tute spaziali e assistenza robotica

Prototipo della tuta spaziale. Credits: Dr Emanuele Pulvirenti

Un innovativo esoscheletro con muscoli artificiali promette di rivoluzionare l’esplorazione spaziale e la riabilitazione terrestre.

Combina robotica indossabile, biomateriali avanzati e ricerca analogica in ambienti estremi per supportare la mobilità di astronauti e persone con disabilità.

Un esoscheletro per la nuova era dell’esplorazione lunare e marziana

L’esplorazione spaziale si trova a un punto di svolta tecnologico: l’introduzione di esoscheletri robotici con muscoli artificiali rappresenta una svolta per l’autonomia e le prestazioni degli astronauti impegnati in missioni extraveicolari. L’ultima dimostrazione concreta arriva da una recente missione analogica condotta in Australia, presso la struttura sperimentale CRATER (Covered Regolith Analogue Terrain for Experimental Research), in collaborazione con l’Università di Adelaide e ICEE.Space.

Il protagonista dell’innovazione è un esosuit indossabile progettato per essere utilizzato sotto la tradizionale tuta spaziale, realizzato con materiali intelligenti e dotato di muscoli artificiali. L’obiettivo dichiarato è quello di alleggerire il carico biomeccanico degli astronauti, riducendo l’affaticamento muscolare e migliorando la mobilità durante le attività in ambienti a bassa gravità come la Luna e Marte.

Muscoli artificiali e materiali intelligenti: la struttura dell’esosuit

Il dispositivo è stato progettato da Emanuele Pulvirenti, ricercatore associato dell’Università di Bristol, in collaborazione con il gruppo Vivo Hub e con il supporto di competenze sartoriali trasversali, inclusa l’esperienza della nonna del ricercatore, esperta sarta.

Dal punto di vista ingegneristico, l’esosuit è composto da una doppia stratificazione di materiali avanzati:

  • Strato esterno in nylon, responsabile dell’elasticità e della protezione meccanica;
  • Strato interno in materiale termoplastico, progettato per garantire l’ermeticità e la conservazione dell’aria pressurizzata;
  • Componenti in Kevlar su ginocchiere e fascia lombare, per assicurare resistenza alla trazione e alla fatica ciclica durante i movimenti ripetitivi.

L’integrazione di muscoli artificiali consente una risposta attiva ai movimenti dell’operatore, riducendo l’inerzia e migliorando l’efficienza nei compiti di locomozione, trasporto carichi e scalata in ambienti simulati.

Una sperimentazione in ambiente analogico: il progetto ADAMA

Il test dell’esosuit si è svolto nell’ambito della missione ADAMA, organizzata dal Forum Spaziale Austriaco (OeWF) presso il sito CRATER, in Australia meridionale, dal 9 al 22 ottobre 2025. La location è considerata il più grande ambiente analogico lunare dell’emisfero sud, in grado di riprodurre condizioni di luce, topografia e composizione del suolo simili a quelle lunari.

Durante le due settimane, il team di analog astronauts ha eseguito test estesi su:

  • Comfort e indossabilità dell’esosuit sotto la tuta spaziale pressurizzata;
  • Mobilità articolare durante la camminata, il trasporto di oggetti e le operazioni di scalata;
  • Monitoraggio dei parametri biomeccanici e delle prestazioni in tempo reale.

A coordinare le attività da remoto è stato un centro di controllo in Austria, in collegamento con oltre 200 ricercatori in 25 Paesi, rendendo l’esperimento uno dei più vasti mai realizzati in ambito analogico.

Un’eredità tecnologica lunga oltre un decennio

L’utilizzo di esoscheletri nello spazio non è un concetto del tutto nuovo. Già nel 2007, la DARPA aveva collaborato con Sarcos per sviluppare l’XOS Exoskeleton, mentre la NASA ha condotto esperimenti con l’X1 Robotic Exoskeleton, ispirato a soluzioni da “Iron Man”, progettato per aumentare la forza e la resistenza degli astronauti.

Tuttavia, il nuovo esosuit si differenzia in modo sostanziale per:

  • Pesantezza ridotta, grazie all’impiego di materiali leggeri e flessibili;
  • Approccio integrato bio-ispirato, che consente movimenti più naturali e meno meccanici;
  • Compatibilità ergonomica con le tute spaziali esistenti e le future generazioni di indumenti extraveicolari.

Questo cambio di paradigma è frutto della convergenza tra robotica morbida, ingegneria tessile avanzata e scienza dei materiali, aprendo scenari non solo per l’esplorazione spaziale, ma anche per l’applicazione terrestre.

Prospettive future: test in orbita e applicazioni per la riabilitazione

Sebbene la tecnologia sia ancora in una fase sperimentale, l’obiettivo di medio termine è testare l’esosuit a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), prima del suo decommissioning previsto entro la fine del 2030. Un ambiente a microgravità come quello orbitale rappresenterebbe un banco di prova ideale per valutare l’efficacia del supporto muscolare artificiale nella prevenzione della sarcopenia spaziale, una delle sfide principali nelle missioni di lunga durata.

Parallelamente, Pulvirenti e il suo team stanno lavorando a una versione ibrida dell’esosuit per utilizzo terrestre, capace di alternare modalità di assistenza e resistenza. Un simile sistema potrebbe rivoluzionare:

  • La riabilitazione neuromotoria per persone con lesioni spinali o post-ictus;
  • L’assistenza alla mobilità per anziani o pazienti con malattie neurodegenerative;
  • L’ottimizzazione delle prestazioni fisiche in ambiti lavorativi ad alta sollecitazione muscolare.

Ricerca analogica come catalizzatore di innovazione spaziale

Le missioni analogiche, come quella ospitata da CRATER, giocano un ruolo cruciale nella sperimentazione di tecnologie avanzate prima della loro implementazione in ambienti spaziali. Esse consentono:

  • Di testare nuovi materiali in scenari realistici ma controllati;
  • Di validare protocolli operativi in assenza di microgravità, ma con condizioni geologiche e ambientali simili a quelle lunari o marziane;
  • Di sviluppare un’infrastruttura di supporto globale, in cui scienziati, ingegneri e operatori lavorano in sinergia, anche a distanza.

Il progetto ADAMA, nel suo approccio multidisciplinare e multilocale, rappresenta un modello replicabile per la formazione di astronauti, lo sviluppo di equipaggiamenti e l’esplorazione delle sinergie tra tecnologie spaziali e applicazioni civili.

Verso l’integrazione uomo-macchina nello spazio e sulla Terra

La ricerca sull’esosuit con muscoli artificiali non è solo un esempio di eccellenza ingegneristica, ma anche un simbolo di come l’esplorazione spaziale possa guidare innovazioni socialmente rilevanti. I progressi in ambito bio-robotico, testati in ambienti estremi e finalizzati a migliorare le prestazioni degli astronauti, stanno trovando ricadute dirette nel settore della salute, della riabilitazione e dell’assistenza.

Mentre l’uomo si prepara a tornare sulla Luna e ad affrontare il viaggio verso Marte, strumenti come questo esosuit offrono un nuovo paradigma per l’interazione tra corpo umano e tecnologia. Un futuro in cui l’integrazione tra muscoli artificiali, intelligenza meccanica e supporti ergonomici diventa la chiave per esplorare lo spazio… e per migliorare la vita sulla Terra.