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L’Italia creerà ossigeno dalla Luna | Questa volta siamo stati i primi: la polvere è una risorsa preziosa

Illustrazione di abitazioni lunari (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it

Illustrazione di abitazioni lunari (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it

Questa volta l’Italia gioca d’anticipo: la polvere lunare diventa una risorsa chiave per il futuro spaziale.

Quando si parla di spazio, spesso si pensa a razzi, astronauti e tute bianche che galleggiano nel vuoto. Ma dietro queste immagini spettacolari si nasconde un lavoro immenso fatto di esperimenti, materiali strani e idee che a volte sembrano uscite da un romanzo di fantascienza. Eppure, proprio in questi dettagli si gioca il futuro dell’esplorazione spaziale.

Una delle grandi sfide oggi è riuscire a vivere lontano dalla Terra senza dover dipendere sempre da essa. E per farlo serve imparare a usare quello che lo spazio – o meglio, i corpi celesti – già ci offre. Non è facile, anzi, sembra quasi impossibile. Ma come spesso accade nella scienza, è proprio dai limiti che nascono le trovate migliori.

Un esempio? C’è un materiale che tutti penserebbero inutile, spazzatura cosmica. Polvere, sassi, frammenti di roccia… roba buona al massimo per sporcare. E invece no. Quel miscuglio si chiama regolite e copre la superficie di pianeti e lune. Sulla Luna in particolare, ha caratteristiche uniche, modellate nel tempo da impatti di meteoriti e dall’assenza di atmosfera. Insomma, non è semplice sabbia.

Quello che sembrava solo uno scarto, ora diventa interessante. Perché? Beh, la risposta è più affascinante di quanto si pensi. Anche se ci arriviamo tra un attimo – lasciami solo dire che l’Italia ha avuto un’idea brillante. E ha già iniziato a metterla in pratica.

Il progetto industriale italiano

Si chiama Oracle (nome fighissimo, va detto), ed è un programma nato dall’accordo tra Agenzia Spaziale Italiana e Ohb Italia, insieme al Politecnico di Milano, Enea e Kayser Italia. L’idea è costruire un mini laboratorio, un cubo grande quanto uno scatolone, capace di estrarre ossigeno dalla regolite lunare. Come? Con un processo chimico un po’ complicato, chiamato carbotermico.

In pratica si scaldano ossidi e metano fino a circa 1100 °C (sì, caldissimo) per creare ossidi di carbonio. Poi, con un secondo passaggio a 250 °C e in presenza di idrogeno, si ottiene vapore acqueo. Questo può essere condensato, e da lì – con l’elettrolisi – si arriva all’ossigeno puro. Sembra fantascienza ma non lo è. L’obiettivo è realizzare il prototipo entro il 2028, come riporta Wired.

I crateri lunari (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it
I crateri lunari (Depositphotos foto) – www.aerospacecue.it

Verso un nuovo utilizzo delle risorse spaziali

Una volta completato e testato qui sulla Terra, il dispositivo verrà spedito sulla Luna, durante una missione ancora da definire. Sarà il vero banco di prova. Se tutto va bene – e ovviamente ci si sta lavorando a pieno ritmo – si potrà produrre ossigeno direttamente lì, sul posto. Questo cambierebbe davvero le carte in tavola per le missioni umane di lunga durata.

L’idea fa parte di un concetto più ampio, quello della ISRU (In Situ Resource Utilization), cioè usare le risorse disponibili in loco invece di portarsi tutto da casa. Un po’ come fare il pane con la farina del proprio campo, invece che importarla. Se il test andrà come sperato, l’Italia potrebbe trovarsi in prima linea nella costruzione dei primi impianti per produrre ossigeno sulla Luna. Non male, per un Paese che spesso ci si dimentica di associare allo spazio.