Una stella appena nata crea pianeti: scoperta straordinaria a 1.300 anni luce dalla Terra

Illustrazione dei getti di monossido di silicio che si allontanano dalla piccola stella HOPS-315 (ALMA(ESO/NAOJ/NRAO)/M. McClure et al. via AP FOTO) - aerospacecue.it
L’immagine è incredibile, e mostra come una stella appena nata possa portare alla creazione di pianeti. E non è nemmeno troppo distante!
C’è qualcosa di affascinante nell’idea di assistere ai primissimi istanti di formazione di un pianeta. Fino a oggi, sembrava un’impresa impossibile: troppo lontano, troppo veloce, troppo sfuggente. E invece, grazie a un lavoro congiunto tra l’osservatorio ALMA e il telescopio spaziale Webb, gli astronomi sono riusciti a catturare esattamente quell’attimo la fase in cui, tra gas e polveri, cominciano a condensarsi i primi mattoni delle future Terre.
Il protagonista è HOPS-315, un piccolo Sole in formazione a circa 1.370 anni luce da qui. Non ha ancora 200.000 anni (un neonato, su scala cosmica), e già ospita intorno a sé una struttura ricca di gas e minerali in ebollizione. Proprio lì, dove un giorno potrebbero nascere pianeti, gli strumenti hanno rilevato le primissime tracce di materia solida. È la conferma che sì, in quel disco si stanno davvero costruendo nuovi mondi.
A guidare lo studio è stata Melissa McClure, dell’Osservatorio di Leida, affiancata da un team internazionale. La notizia è incredibile: per la prima volta si ha la prova diretta che le condizioni chimico-fisiche adatte alla formazione planetaria sono già presenti in un sistema così giovane. Nessun indizio, nessuna ipotesi: stavolta, si tratta di osservazioni dirette.
È un po’ come aprire uno scrigno sigillato da miliardi di anni e scoprire che il meccanismo che ha portato alla formazione della Terra non è un’eccezione irripetibile. Anzi, potrebbe essere una tappa comune nell’evoluzione di molte stelle simili alla nostra.
Uno sguardo dentro la culla stellare
Lo studio, pubblicato su Nature, descrive nel dettaglio le osservazioni combinate del telescopio spaziale James Webb e dell’osservatorio ALMA in Cile. I due strumenti hanno lavorato in tandem per scrutare l’interno del disco protoplanetario di HOPS-315, sfruttando una sorta di allineamento fortunato: l’inclinazione della stella rispetto alla Terra ha permesso di vedere oltre gli strati più esterni del gas. Un’occasione rara.
Quello che è emerso ha dell’incredibile: i ricercatori hanno individuato la presenza di gas contenente monossido di silicio e, ancora più interessante, minuscoli cristalli di silicati, lo stesso tipo di materiale solido che si pensa abbia dato origine ai pianeti rocciosi nel nostro sistema. Una scoperta che, finora, non era mai stata fatta in sistemi così giovani. Potrebbe essere la conferma che la condensazione di minerali ad alta temperatura potrebbe essere una fase normale, e non un’anomalia, nella formazione dei pianeti.
I primi passi verso un nuovo sistema solare
Ma c’è di più. L’area in cui sono stati rilevati questi materiali si trova a circa 2,2 unità astronomiche dalla stella, cioè grosso modo dove, nel nostro sistema, si trovano Marte e la fascia degli asteroidi. Ed è proprio in quella zona che i modelli teorici collocano la nascita dei primi solidi refrattari: materiali capaci di condensare dal gas anche ad alte temperature, i veri semi dei futuri pianeti. Gli scienziati hanno confrontato le osservazioni con modelli di condensazione e crescita rapida dei grani, scoprendo che i dati corrispondono perfettamente a ciò che si ipotizza sia avvenuto anche qui, 4,5 miliardi di anni fa.
Secondo il team, l’ambiente nel disco interno di HOPS-315 è probabilmente influenzato dalla sublimazione delle polveri interstellari, che poi ricondensano in solidi stabili. È esattamente il processo che, secondo le teorie più accreditate, avrebbe dato il via alla formazione della Terra e dei pianeti vicini. Quello che ancora non si sa è quanti pianeti potrebbero effettivamente formarsi lì.