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Astronauti, altro che supereroi | Stanno messi male tutti: dopo pochi giorni devono dire addio alla vista

Astronauta nello spazio (Pixabay foto) - www.aerospacecue.it

Astronauta nello spazio (Pixabay foto) - www.aerospacecue.it

Dietro il mito dell’astronauta invincibile, tra addestramenti estremi e missioni epiche, si nasconde un problema silenzioso e inaspettato.

Quando pensiamo agli astronauti, ci vengono subito in mente corpi allenati al limite, menti brillanti e spirito d’acciaio. Veri e propri supereroi moderni, no? Eppure, dietro tutta quella preparazione e tecnologia, si nasconde un lato molto più fragile, che pochi conoscono. Il corpo umano, per quanto addestrato, non è fatto per vivere nello spazio. Ogni missione è un test estremo e non sempre i risultati sono quelli sperati.

Alcuni effetti collaterali, quelli più ovvi come la perdita di massa muscolare o l’assenza di equilibrio, ormai li conosciamo. Ma ci sono sintomi più subdoli, che compaiono senza preavviso e resistono anche dopo il ritorno sulla Terra. Uno in particolare sta mettendo in crisi i ricercatori. Non si nota subito, non provoca dolore, ma incide profondamente sulla vita quotidiana. E non sparisce così, puff, come nulla fosse.

Il problema è che nessuno, nemmeno i veterani del volo spaziale, è immune. Può succedere a chiunque. Anche a chi resta lassù solo qualche settimana. Una volta tornati, molti di loro devono fare i conti con un cambiamento piuttosto… fastidioso. Un cambiamento che riguarda uno dei sensi più preziosi e che può restare con loro per anni. Sì, proprio anni. E non c’è modo sicuro per capire chi sarà il prossimo a subirlo.

Questa anomalia, chiamiamola così, ha costretto la NASA a rivedere molti dei protocolli medici. L’obiettivo è capire cosa sta succedendo e soprattutto come fermarlo. Perché se c’è una cosa chiara, è che non si può più ignorare. Non si tratta di un effetto temporaneo come il mal di spazio. No, stavolta è qualcosa di più serio. Qualcosa che mette in discussione letteralmente la visione del futuro spaziale.

Una cosa strana iniziata con qualche parola sfocata

Tutto è cominciato – almeno ufficialmente – con la dottoressa Sarah Johnson, come riporta sciencealert.com. Durante i suoi sei mesi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, ha notato che i testi che prima leggeva senza problemi, ora le sembravano sfocati e difficili da mettere a fuoco. Pensava fosse stanchezza, magari stress. Invece no: non era sola. Anzi, circa il 70% degli astronauti che trascorrono molto tempo in orbita ha raccontato esperienze simili. Problemi di vista, difficoltà a mettere a fuoco, e in certi casi visione offuscata che dura per anni.

Questa condizione ha addirittura un nome, che suona quasi fantascientifico: SANS – Spaceflight Associated Neuro-ocular Syndrome. Ma è tutto tranne che fantascienza. Ed è diventata una delle principali preoccupazioni mediche della NASA. Il motivo? In orbita, la microgravità fa sì che i fluidi del corpo si muovano in modo diverso. Invece di scendere verso i piedi, si accumulano nella parte superiore del corpo, aumentando la pressione dentro la testa. Questo può modificare la forma dell’occhio e comprimere il nervo ottico. Non proprio l’ideale, ecco. Ma quali sono i rischi futuri?

Occhio umano (Pixabay foto) - www.aerospacecue.it
Occhio umano (Pixabay foto) – www.aerospacecue.it

Una minaccia silenziosa che può mettere a rischio le missioni

Il punto è che tutto questo rischia di diventare un ostacolo enorme per il futuro dell’esplorazione spaziale. Pensiamo alle missioni su Marte, che potrebbero durare anche due o tre anni. Se un astronauta perde la vista, o parte di essa, può compromettere l’intera missione. Lo ha detto chiaramente anche il dottor Michael Roberts, che guida la ricerca su questo tema alla NASA. È urgente trovare contromisure: si parla di lenti correttive speciali, farmaci e persino esercizi mirati per mantenere la circolazione più stabile.

Tra le idee in fase di test c’è anche il VIIP chamber, una sorta di dispositivo che dovrebbe riprodurre la pressione terrestre attorno agli occhi anche in condizioni di microgravità. E non è solo una questione spaziale: tutto questo studio potrebbe aiutare anche noi quaggiù. La ricerca – come riportato direttamente dalla NASA – potrebbe aprire nuove strade contro patologie come il glaucoma o la pressione intracranica. Insomma, anche se per ora ci vede poco chi va nello spazio, noi ci stiamo vedendo molto lontano.