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Galassie, le abbiamo scoperte solo un secolo fa | Ora danno spettacolo nei cieli: questa sembra fatta di antenne

Marte e NASA

Marte e NASA (Canva-Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it

Colori e forme stravaganti. E pensare che fino ad un secolo fa non ne conoscevamo nemmeno l’esistenza. E’ la meraviglia galattica

Prima che i grandi telescopi dell’epoca contemporanea, in grado di offrire una vista estremamente particolareggiata relativamente al Cosmo nella sua interezza, facessero la propria comparsa, osservare le galassie in modo chiaro e comprensibile rappresentava una sfida davvero ardua, non riuscendo a permettere agli studiosi di classificarne l’origine, ne l’entità.

Basti pensare che le prime galassie di cui si ha testimonianza scritta nel corso della storia sono da ricercare nell’opera dell’astronomo francese Charles Messier, nota omonimamente come “Catalogo di Messier”, al cui interno, però, le stesse venivano descritte come ipotetiche nebulose, data l’assenza di strumenti necessari a procedere con una classificazione opportuna.

La prima prova concreta dell’esistenza delle galassie sarebbe, infatti, arrivata soltanto nel 1924. Il merito fu da attribuire all’astronomo statunitense Edwin Hubble, che impiegando il Telescopio di Monte Wilson si rese conto di come una serie di stelle Cefeidi in Andromeda risultavano essere troppo lontane per poter essere parte della Via Lattea, formulando la potenziale esistenza di altre galassie.

Si trattò di una vera e propria rivoluzione, soprattutto per l’epoca in cui avvenne, ma che sarebbe stata, in seguito, capace di produrre un cambiamento drastico anche negli anni a venire, ampliando la percezione umana dell’Universo e dando il là alle differenti teorie circa l’espansione dello stesso, gettando, dunque, le basi per l’affascinante materia che è la cosmologia moderna.

L’imprevedibilità del Cosmo

La scoperta delle galassie ha dunque rappresentato un punto di svolta fondamentale nella storia dell’astronomia moderna, fornendoci una significativa finestra da scoprire per affacciarci sul passato evolutivo dei nostri stessi pianeti. Tra quelle in assoluto capaci di attirare l’attenzione degli astronomi ci sono delle specifiche galassie situate a 60 milioni di anni luce di distanza dalla Terra, più precisamente all’interno della Costellazione del Corvo.

Qui è stato possibile rilevare la presenza di due grandi galassie in collisione, catalogate con i rispettivi nomi di NGC 4038 e NGC 4039. Soggette a questo processo ormai da centinaia di milioni di anni, gli incontri tra le due sono eventi molto rari, lasciando una sempre più frequente attività di collisione esclusivamente alle nubi di polvere e ai gas delle galassie stesse; tali contatti producono inevitabilmente proficue sessioni di formazioni stellari, proprio in prossimità del centro cosmico.

Drone utilizzato nei test
Drone utilizzato nei test (NASA foto) – www.aerospacecue.it

Come si è giunti a comprendere ciò?

Le immagini relative a queste specifiche galassie, definite con il termine di Galassie Antenne, per vie delle code mareali generate dall’impatto tra i materiali delle stesse che sono possibili da inquadrare osservando, per l’appunto, proprio il materiale fotografico costruito, sono da attribuire ai dati raccolti dal Telescopio Subaru, in grado di focalizzarsi maggiormente sui deboli flussi mareali.

Di fondamentale importanza è stata, poi, anche la combinazione con le informazioni scovate da Hubble, che invece è stato in grado di svelare al pubblico, con un dettaglio decisamente accresciuto, i loro nuclei brillanti. Navigando in internet sarà tranquillamente possibile reperire le fotografie che mostrano queste caratteristiche strutture arcuate, le stesse che sarebbero poi valse alle galassie il nome di Antenne. A scriverlo è Wired.it.