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Campi Flegrei, siamo arrivati al punto di non ritorno | Secondo gli scienziati siamo alle battute finali: meglio mettersi al sicuro

Campi Flegrei

Campi Flegrei (Depositphotos foto) - www.aerospacecue.it

Gli ultimi rilevamenti ci raccontano di una realtà sempre più complessa. Le previsioni non sono affatto rosee. Cresce l’allarme

Situata tra i comuni di Bacoli e Pozzuoli, a ovest del capoluogo campano Napoli – il cui territorio viene raggiunto dall’estensione dell’area – i Campi Flegrei sono una caldera vulcanica annoverata dagli esperti tra le più pericolose del globo intero.

L’origine è da attribuire ad una serie di eruzioni esplosive particolarmente impattanti, che si sono succedute circa 39.000 anni fa, quando l’Ignimbrite Campana segnò il record di evento eruttivo più violento mai avvenuto nell’intero continente europeo da 200.000 anni a questa parte.

Sebbene oggi le eruzioni vulcaniche non abbiano colpito la zona negli ultimi anni, l’interesse della comunità resta elevatissimo. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, non a caso, procede ad un monitoraggio costante dell’intera area, tenendo aggiornati periodicamente gli autoctoni.

Infatti, il rischio principale è rappresentato proprio dal fatto che i Campi Flegrei, al contrario di ciò che uno potrebbe ipotizzare, sono un’area densamente abitata che accoglie più di mezzo milione di cittadini. Per questo, la Protezione Civile ha già organizzato un piano di evacuazione per prepararsi al peggio, direttamente nelle zone di allerta.

L’allerta resta altissima

La caratteristica principale dell’area, nonché quella che contribuisce ad elevare il fattore di rischio, è il fatto che fin dagli anni 80′ i Campi Flegrei siano stati riguardati da una fase di intenso sollevamento del terreno, accompagnata da un’attività continua, che proseguendo ha condotto ad un abbassamento del suolo, trend invertito dal sollevamento, che ha avuto inizio nel 2003 e sta perdurando da più di 20 anni, sino a portare il terreno dei Campi Flegrei ad alzarsi di addirittura 1,15 metri.

Ad apporre la propria firma su questo curioso processo c’è il fenomeno del bradisismo, che secondo gli esperti potrebbe trovare spiegazione in due ipotesi distinte. C’è chi sostiene che il sistema idrotermale, localizzabile tra i tre e i quattro chilometri al di sotto della superficie, sia soggetto a riscaldamento per via della risalita del magma, con il successivo aumento di volume che conduce direttamente al sollevamento del suolo. C’è, invece, chi imputa la responsabilità del fenomeno ad una colonna di gas caldi che risalendo dal magma profondo riscalda direttamente il sistema idrotermale.

Segno distintivo del bradisismo
Segno distintivo del bradisismo (Shutterstock foto) – www.aerospacecue.it

Un modello determinante ai fini della comprensione

Come comprendere quale sia la ricostruzione più affidabile, attraverso un monitoraggio preciso di ciò che avviene nel sottosuolo? Ci ha pensato il vulcanologo dello University College di Londra, Christopher Kilburn, a sviluppare un modello adeguato a seguire il passaggio da regime elastico ad anelastico. Nella prima circostanza le rocce possono essere soggette ad allungamenti o piegamenti, in relazione alla pressione crescente, mentre nel secondo le stesse vanno incontro ad una progressiva fratturazione, fino a scivolare lungo le faglie.

Lo stress si accumula, così, via via all’interno della crosta, portando ad una deformazione del suolo che, soprattutto in un secondo momento, porterà ad un’inevitabile crescita nella frequenza dei fenomeni sismici. Il modello indicato da Kilburn è stato applicato direttamente ai Campi Flegrei, dando origine ad una collaborazione con due esperti dell’INGV, Carlino e De Natale, la quale ha prodotto risultati davvero interessanti. E’ stato, infatti, dimostrato che il sistema vulcanico sta accumulando ininterrottamente stress da oltre settant’anni, processo che ha portato l’area più delicata dell’intera Campania ad entrare nel regime anelastico. A riportarlo è Passione Astronomia.